Dare la vita è un collage, una collezione di pensieri e parole che Michela ha messo insieme fino agli ultimi giorni prima della morte e che Alessandro Giammei, figlio d'anima della scrittrice, ha cercato di ricucire insieme.
È un testo che, come dice la postfazione da lui curata, avrebbe dovuto essere scritto in 6 mesi e invece Michela si è trovata a concludere in 6 settimane, anche se i temi della maternità e della gravidanza appartengono da sempre al bagaglio letterario della scrittrice.
La prima parte dedicata al queerness è la più recente mentre la seconda dove si tocca con mano il tema della gravidanza surrogata mette insieme riflessioni maturate nel corso del tempo.
Le due sezioni credo possano legarsi tra loro da un’affermazione contenuta nelle prime pagine del libro: “Forse la mia vocazione a essere me consiste proprio nel domandarmi chi sia una madre e mai di chi sia; nel non rassegnarmi all’idea di famiglia a cui mi avrebbero destinata la mera biologia e le leggi dello Stato.”
Partiamo dalla queerness, una termine che mai come con Michela è balzato agli onori della cronaca, è diventato oggetto di discussione e di definizione.
Che cos’è la queerness?
Secondo i dizionari è una parola vecchia e da sempre indica una stranezza, un’anomalia. Molto spesso è stata erroneamente associata solo alle scelte sessuali e affettive.
L’attivismo ha cercato di valorizzare l’accezione discriminatoria e oggi infatti la Q compare accanto alla sigla LGBT, quindi non come sinonimo ma come lettera a sé.
Allo stato attuale, ci dice Michela che ha studiato a lungo la letteratura, Queer indica un approccio non binario, un essere sulla soglia per sfuggire a qualunque definizione più netta.
Ma, ribadiamolo, essere queer non vuol dire essere solo o soltanto gay o lesbica … cosa che l’opinione pubblica continua a pensare.
Il problema sta nella difficoltà della sua traducibilità in italiano ma anche nel fatto che la queerness per sua natura rifugge una gabbia di senso che la contenga.
Scegliere la queerness significa fare una transizione, ampliare, senza criticarlo, il significato di normalità.
Non è una parola buona per tutti, non è la famiglia divorziata allargata, non implica fare un coming out.
Michela ribadisce che il rifiuto a definirsi non vuol dire vivere in negazione. Significa invece accettare che l’indeterminatezza, quando è programmata e condivisa, è una condizione di libertà.
La queerness si muove nella domande e nel dubbio.
“Qual è il metodo che rende possibile riconoscerci tra noi e dirci senza (de)finirci?”
Il libro prosegue passando in rassegna alcuni principi etici dellla queerness e, nella seconda parte, ragionando sul delicato tema della maternità surrogata, sul suo bisogno di avere confini e norme precise che la regolino affinchè si possa applicare in un campo di diritti e tutele e non nelle pieghe insidiose e potenzialmente pericolose della clandestinità.
DARE LA VITA
MICHELA MURGIARIZZOLI 2024
ISBN 9788817147798
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