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Quanto la nostra società è abituata a stare ferma nel dolore? Ad accettare di viverlo, attraversarlo e farsene singolarmente carico?

 

Provo con questo domande a introdurvi un romanzo che fa parte della dozzina finalista del Premio Strega. Mi aveva incuriosito leggendone una recensione sul Tuttolibri prima ancora che fosse nota la nomina al premio e le ragioni della mia attenzione sono state duplici:

  • La protagonista vive il dolore di cui sto per parlarvi nel bosco in una dimensione naturale selvaggia, misteriosa e potenzialmente pericolosa
  • Il tema del suicidio di una ragazzina, forse uno degli abissi più oscuri che la mente umana possa immaginare.

Andiamo con ordine. Maddalena Vaglio Tanet, la cui carriera si muove anche sul fronte della letteratura per bambini, parte da un fatto di cronaca reale. Come spiega nella nota finale, nel suo passato familiare c’è una storia dolorosa e delicata della quale non si parlava apertamente. Una cugina  del nonno, maestra, non sposata e senza figli, un giorno sparisce nel nulla. La sua assenza getta nello sconforto la famiglia e le ragioni della fuga sembrano risiedere nel fatto che la donna si sente responsabile della morte di una sua alunna perché aveva comunicato alla famiglia che la bambina era spesso assente da scuola.

 

Nel romanzo la maestra è Silvia, anche lei una figura schiva e totalmente dedita ai suoi alunni.

La conosciamo la mattina in cui, come sempre, esce di casa per andare a scuola e dal giornale appena comprato nell’edicola del paese apprende la terribile notizia.

Giovanna, una bambina di 11 anni che già porta nel corpo i segni evidenti di una adolescenza prematura, si è lanciata dalla finestra di casa nel fiume sottostante.

 

Qui è doveroso fermarsi un attimo. Ci va coraggio, tanto coraggio, nel toccare con mano un tema così forte e devastante. Pensare che un bambino a un’età piena di opportunità e potenzialità decida di togliersi la vita è qualcosa che sfugge alla comprensione razionale, è qualcosa che attorciglia lo stomaco, che fa tremare ogni genitore, che ci spinge a interrogarci su quali turbamenti e pensieri scorrano nella mente di una giovane vita.

 

Silvia legge l’articolo del giornale e, senza che ne abbia un pieno controllo, le sue gambe la guidano in una traiettoria diversa.

Silva entra nel bosco e decide di perdersi. Non sa per quanto, in realtà nemmeno se lo chiede così come non s’interroga se abbia i mezzi e le risorse per sopravvivere sebbene lei lo conosca molto bene, ma qui scatta qualcosa che non ha nulla a che vedere con la ragione. C’è uno squarcio che sanguina e non c’è spazio per nient’altro.

L’autrice è bravissima nel raccontare non solo il momento in cui la sua strada cambia direzione (pare quasi di essere con lei) ma anche il processo di metamorfosi che ne consegue. Rintanatasi in una piccola cappella Silvia non fa nulla. Si siede su quel dolore e ci sta sopra. Il suo corpo s’inselvatichisce, resiste agli appelli della fame, lascia scorrere i suoi liquidi addosso.

È un’immagine forte, estrema, terribile e affascinante al tempo stesso.

A me ha fatto molto riflettere. Nessuno le da una colpa perché anche lei, come nel fatto di cronaca, aveva semplicemente riferito come di dovere un comportamento scolastico di Giovanna che meritava attenzione, eppure Silvia si fa carico di quella responsabilità e mette in silenzio il mondo esterno. Silvia non sa tirare avanti e decide di tirarsi indietro.

 

Accanto a questa donna che decide di perdersi si aggiunge un elemento di fantasia che però nell’equilibrio del romanzo crea il perfetto contrappeso: Martino.

È anche lui un bambino, anzi è un compagno di Giovanna. Si è appena trasferito in quel paesino del biellese da Torino perché soffre di asma e ha bisogno di aria buona. Martino è il ragazzino di città che fatica a integrarsi e che un giorno, per caso, camminando tra i sentieri del bosco, inaspettatamente trova Silvia.

 

Silvia che tutti stanno cercando da giorni e che si crede morta anche lei.

Silvia che gli chiede con un rantolo di voce di non dire nulla e Martino che acconsente.

Silvia e Martino, un adulto e un bambino uniti da un patto ma dove il normale ordine delle cose è sovvertito perché è il secondo a prendersi cura della prima.

Martino, infatti, periodicamente si reca nel nascondiglio della donna per portarle cibo, acqua e persino qualche fumetto. Silvia accoglie silenziosamente questa cura seppur profondamente immersa nei suoi pensieri che spaziano da Giovanna al suo passato dove, da orfana, fu cresciuta in un convento di suore rigido e povero d’affetto.

 

Se la figura di Silvia incanta e spaventa perché nemmeno lei sa se riuscirà a non lasciarsi morire, Martino è un meraviglioso spaccato di giovane vita. Ancora bimbo per certi versi, ma adulto per altri (proprio come la compianta Giovanna) nella sua capacità di sentire il dolore della sua maestra, di farsi carico materialmente della sua sopravvivenza, nel saper osservare con occhio lucido la realtà di un piccolo paese con i suoi tipici personaggi, i suoi silenzi e i suoi segreti.

 

Ciò che resta forte, la traccia indelebile di questo libro è il ruolo del bosco come luogo simbolico che accoglie e trasforma, in cui perdersi e che ti riporta alla vita cambiato.

 

TORNARE DAL BOSCO
MADDALENA VAGLIO TANET

MARSILIO 2023

ISBN 9788829717538

Tornare dal bosco

€ 17,00Prezzo
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